Esiste una estrema e squisita somiglianza tra essere un fumatore ed essere un vaccinato COVID.
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IT 297 2021
Fumare e vaccinarsi
Alessandro Mavilio

Chi si trova a essere fumatore oggi, si trova in una situazione alquanto imbarazzante: ha assistito, negli anni, all’inasprimento dei propri “parametri di utenza”.

Forse anche a ragion veduta, il fumo di sigaretta è stato lentamente e inesorabilmente scalciato via dalla quasi totalità dei luoghi pubblici: bar, ristoranti, treni e aerei, scuole, e via elencando. Tuttavia non è stato mai vietato severamente a monte, con una chiusura - totale e forse più benefica per la popolazione - dei rubinetti generali del fumo.

Il fumo è diviso da molti anni in passivo e attivo. Gli organi competenti hanno deciso di proteggere i non fumatori dal fumo passivo e di “punire” i fumatori attivi, lasciando che la vita diventasse più difficile per loro, che il loro vizio si rivelasse un calvario costoso e senza più il suo senso originario, che continuassero tutti a esporsi ai possibili rischi che il fumo impone alla loro salute.

Con la lotta al fumo lo Stato ha dunque deciso di porre in atto un comportamento protettivo solo per una delle due categorie, quella appunto dei non fumatori (o fumatori passivi), lasciando che i fumatori attivi restassero utenti e schiavi di un vizio che è comunque un “vizio statale”, giacché le sigarette sono state per anni (e in tutto il mondo) prodotte, caldeggiate, tassate, poi forse falsamente/furbamente tollerate, all’interno di un recinto di libertà destinato agli adulti, ma che spesso includeva anche i minori, e senza neanche dare troppo scandalo.

Non mi si fraintenda, so bene che fumare fa male, so bene che è giusto proteggere i minori e gli adulti che non desiderino subire il fumo passivamente, trovo semplicemente che lo Stato avrebbe potuto includere, nel suo stesso severo disegno antifumo, anche un piano per debellare totalmente il vizio dal suo territorio, semplicemente tarando la sua campagna salutista e parlando maturamente a quegli adulti, fumatori attivi, che statistiche alla mano desiderano tutti segretamente smettere di fumare.

Visto ciò che lo Stato è stato capace di fare in termini di campagne mediatiche e di limitazioni di libertà individuali, da fumatore schiavo e confuso che sono, avrei forse preferito che l’intero incubo totalitario anti-COVID fosse invece stato imposto con la stessa forza per sradicare il vizio del fumo dai corpi e dai territori sovrani, con un atto di severa autorità e con le scuse e i ritrattamenti che un genitore sincero farebbe a quei figli ai quali egli stesso ha causato un danno.

Ma è risaputo che lo Stato introita una quantità colossale di denaro dallo spaccio di tabacco (e alcol, sale, zucchero e altri ingredienti naturali, fondamentalmente nocivi per la salute eppure diffusissimi) e le cifre derivanti dalla tassazione sono così alte da essere forse impossibili da alienare dai conti di una nazione. Mi domando però dove finiscano davvero i soldi delle tasse sul fumo dopo che sono stati recepiti dallo Stato. Visto lo stato del comparto pubblico ospedaliero, il timore è che miliardi e miliardi di soldi nati dalle tasse rubate alle boccate tossiche dei fumatori siano finiti anch’essi in fumo, e non in fumo di sigaretta, bensì in un fumo numerico molto più… denso e impenetrabile. Tale sospetto è lecito, specialmente per un Paese come l’Italia.

Ma non è questo il punto del mio discorso. Esiste una estrema e squisita somiglianza tra essere un fumatore ed essere un vaccinato COVID. Entrambi i profili hanno deciso di assumersi un rischio, di mettere a rischio il naturale equilibrio farmacologico del proprio corpo in cambio principalmente di un valore virtuale da aggiungere alla propria vita sociale. Benché deprecabile, a me sembra che entrambi i profili siano alla ricerca di una sicurezza… emotiva.

Il fumatore forse fuma per vezzo, per rilassarsi o eccitarsi, per qualunque assurdo motivo egli possa giustificare un vizio dal quale segretamente e maturamente vorrebbe affrancarsi.

Il vaccinato COVID si sottopone a punture, ormai si è capito, più o meno ricorrenti e che forse diventeranno quadrimestrali. E se non saranno più punture, è facile immaginare che “la cura” diventerà uno sciroppetto, o una pillola o chissà quale altro dispositivo medico/vettore farmacologico.

Ricordiamo qui che la sigaretta statale è essa stessa da secoli null’altro che un “dispositivo per la somministrazione di nicotina”. I più osservatori avranno capito che gli Stati, sotto la bandiera della protezione della salute nazionale, portano avanti una feroce e falsa lotta al fumo (dunque alla combustione), ma non portano avanti una lotta alla nicotina in quanto principio attivo e assuefante.

Pur di non perdere la loro succulenta tassazione, molti Stati sono giunti a buoni accordi con le stesse multinazionali del tabacco per convertire la sigaretta classica in un dispositivo elettronico, simile ancora nel gesto e nella forma alla sigaretta classica, ma sempre basato sulla presenza dell’oro marrone nazionale, il tabacco. Comprensibilmente, le sigarette elettroniche a base di liquidi sembrano star perdendo posizione e favore in questa corsa mondiale alla rivoluzione del fumare.

Ad ogni modo, un fumatore sa bene quale sia la condizione psicologica di chi, pur non essendo un eroinomane, un tossico da marciapiede, uno scarto di società, e pur ricordando come la sigaretta fosse stata inizialmente e per molto tempo un simbolo di sofisticatezza e di emancipazione, scopre oggi di essere invece un membro inferiore della sua società, del proprio vizio ormai scorge solo il banale e basso ricatto farmacologico, ricatto che da sempre vede gli Stati in combutta con i suoi Monopoli o, peggio ancora, con quelli sovranazionali.

Il ricatto della sigaretta di tabacco (a questo punto che sia quella classica a combustione o quella più moderna a riscaldamento) comincia nel momento in cui un individuo accetta di inserire nel suo sistema (il corpo) il principio farmacologico additivo e non richiesto della nicotina. Il meccanismo assuefante della nicotina ben presto spingerà il malcapitato a ciclare e aumentare il proprio uso di sigarette o il proprio numero di boccate farmacologicamente arricchite. Una vecchia storia che forse è qui inutile approfondire.

Ma il non fumatore, o il fumatore che per sua fortuna ha smesso di fumare, sa o ricorda come effettivamente è entrato, volontariamente, nel circolo dei fumatori?

La risposta è semplice e scioccante se rivista alla luce dei tempi del COVID.

Il fumo di sigaretta era spinto, proposto, venduto, consigliato principalmente attraverso classiche campagne pubblicitarie esplicite, attraverso una propaganda narrativa, secondaria e più subdola, innestata all’interno di film e trasmissioni televisive, e non in ultimo attraverso lo sfoggio di sigarette (nella vita quotidiana) da parte degli utenti che più o meno incoscientemente ne erano forti testimonial. La sigaretta si presentava come un collante sociale, la promessa di un legame tra individui e gruppi per passare del tempo insieme – molto spesso le pause tra un segmento lavorativo e un altro.

Dunque, poiché oggigiorno la vita di un fumatore è meschina sotto ogni punto di vista, e poiché sembra davvero che la storia si ripeta, ricapitolando, quando si parla, genericamente, di una aggiunta farmacologica consigliata dallo Stato, e per la quale vi sia lo zampino e il guadagno galattico di industrie sovranazionali, quando questa “dose” è pubblicizzata con ogni mezzo, quando la sua assunzione - diventata argomento quotidiano – possa diventare (come già lo è) motivo di unione (o divisione insanabile) tra la popolazione, beh, fidatevi dei fumatori e della loro esperienza. Accettare la prima dose è qualcosa del quale ci si pentirà amaramente, soprattutto se si resta in vita ma relegati fino alla morte in un comparto della propria società del quale non si immaginava l’esistenza, quello dei coglioni, dei puzzolenti, dei drogati, e via elencando.

Chi tra i fumatori non è ancora morto, è oggi segregato e discriminato. Ma soprattutto è un individuo tradito, da un gesto fatto con leggerezza, generalmente nel periodo più ribelle della vita e che soprattutto era “main stream”.

Oggi i non vaccinati sono discriminati. Ma quando la violenta campagna propagandistica pro-vaccino, impostata sulla umana paura di morire finirà, la musica del vento cambierà e saranno i vaccinati, i dipendenti dal nuovo additivo, a passare per scellerati. Sempreché come i fumatori, avranno ancora un corpo a disposizione per pentirsi della leggerezza con cui quel giorno accettarono di provare – come i fumatori del secolo scorso – quel primo tiro adulto, dal pacchetto di un genitore, offerto dal migliore amico, subito nella corsia di un ospedale, o esalato dalle labbra di un dipendente pubblico, dal proprio beniamino in televisione, trovato irresistibile ed esotico sul grande schermo, stampato a colori sulle riviste più patinate e bugiarde.

Spacciato dallo Stato.