Caratteristiche DMT nel comportamento infantile.
IT 428 2018
Mia figlia, Totò e i palloni da basket ingioiellati auto-dribblanti
Alessandro Mavilio

Non so bene da quale prospettiva ingaggiare il seguente discorso ma una sopraggiunta esperienza di vita mi indica che la dimensione infantile sia qualcosa dal quale non ci si può affrancare totalmente e, addirittura, che tale dimensione resti molto eminente durante tutto il percorso dell’esistenza, sia in termini individuali che collettivi. Insomma, la dimensione infantile – per quanto tale termine possa adesso significare qualcosa per chi mi legge – mi sembra occupare, nella matrice fondamentale dell’essere al mondo, più una posizione archetipica, nel massimo senso concepibile, che quella di una limitata fase evolutiva degli esseri.

Vorrei indicare tre miti e tre misteri e metterli in stretta relazione.

Il primo è mia figlia, normalissima bambina giocherellona e dispettosa. Quando non è occupata a misurarsi con le sfide che il mondo le porge o che noi stessi adulti le porgiamo, mi sembra recuperare momenti di totale libertà infantile quando cerca, con estrema naturalezza, di tuffarsi all’interno della pancia o del petto di uno dei genitori. È come se cercasse di operare al di fuori della dimensione fisica ed è come se cercasse di farlo dimentica delle ovvie sanzioni e degli ovvi limiti che possedere e manovrare un corpo impone normalmente. Le sue testate provocano ovviamente dolore a chi le riceve e lei, mentre recupera il senso della banale realtà, sembra divertirsi e allo stesso tempo imparare: ridefinire i limiti del fattibile. Eppure quelle testate, veri e propri tuffi, sembrano alludere a qualcosa di nostalgico, a qualcosa che – chissà – magari una volta era normale fare.

Il secondo mito è Totò. La sua opera e il suo valore comico sono talmente estesi e magistrali che qualunque tentativo di analisi mi sembra sempre arenarsi da qualche parte; si può solo concludere che la sua maestria sia il frutto di innumerevoli rivoli di genio, incalcolabili ramificazioni di esperienza cresciuti negli anni della sua lunga carriera. Eppure credo di aver isolato finalmente l’ingrediente fondamentale della ricetta di Totò: si tratta di una onnipresente e, appunto, magistralmente diluita dimensione infantile che pervade ogni aspetto del suo agire e recitare. Tutto qui. Talvolta questa dimensione bambinesca vien fuori con forza, certi modi di sedersi, i caratteri di alcuni personaggi, la sfrontatezza di altri, il candore, la fame atavica che di norma viene giustificata dall’epoca e dai patimenti, ma che invece è anch’essa caratteristica della dimensione infantile. E poi, i tuffi! Quelli che spesso effettua in petto ai suoi nemici o anche, se per gaudio, in petto ai suoi amici di copione. Ciò che in napoletano si dice, normalmente, “vottarsi in cuollo”.

Il terzo mito, quello forse più assurdo, incredibile, ultimo e finale, ma forse anche il primo, iniziale, è l’atteggiamento dei “self transforming machine elves” della dimensione DMT, o appunto, se si vuole, i palloni da basket ingioiellati auto-dribblanti. Giocosi, informi, forse ancora non nati, o forse tanto vissuti e tanto morti da aver perso la forma umana, questi esseri sono attivi, intelligenti, sapienti, saccenti, infidi, macchinosi, dispettosi, impazienti e soprattutto… “si vottano ‘n cuoll’” come fa mia figlia, come fanno i bambini di tutti, come fanno i personaggi di Totò quando sono felici o quando sono collerici…

Qualcosa non è risolto nella dimensione infantile. Sono certo che non sia una cosa come un’altra.